Luca Signorelli

«L'arte di Luca Signorelli, più di ogni altra nel Quattrocento, evoca lo spirito dantesco, per la energia delle sue forme sfaccettate, il pathos che scaturisce dalle composizioni grandiose, dalle repentine luci, dai movimenti di schianto arrestati.»
(Adolfo Venturi)

Luca d’Egidio di Ventura, detto il Signorelli (Cortona 1450-1523), fu discepolo di Piero della Francesca, che espresse in maniera egregia l’uso della prospettiva. Nonostante i persistenti echi di Piero, egli sviluppò un’esigenza di accordo fra plastica e moto che coincide con le contemporanee ricerche fiorentine, mettendosi in sintonia con le tecniche pittoriche della seconda metà del ‘400, specialmente del Palladio e di Sandro Botticelli. La sua insistenza nella ricostruzione dei caratteri anatomici ha un parallelo solo in Michelangelo Buonarroti.
Conobbe Andrea del Verrocchio, collaborò anche con il Perugino e Bartolomeo della Gatta nella “Consegna delle Chiavi” della Cappella Sistina; ma la sua grande fama è senza dubbio legata al ciclo degli affreschi della Cappella Nova del Duomo di Orvieto, opera che tanto piacque a Michelangelo stesso, da cui probabilmente si è ispirato per gli affreschi della Cappella Sistina. Il suo è uno stile originalissimo, lo schema compositivo si fa serrato, il colore si ispessisce in funzione dell’esaltazione della forma plastica e la luce investe le figure definendo i volumi ed esaltandone il tono patetico.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorre tra le Marche, la Toscana, e l’Alto Tevere Umbro, assistito dai suoi collaboratori.
Bellissimi i suoi disegni conservati nel Gabinetto degli Uffizi, al Louvre e al British Museum di Londra.
Hanno detto di lui:
“Luca Signorelli finì di sua mano la cappella che già aveva cominciato Fra Giovanni da Fiesole: nella quale fece tutte le storie della fine del mondo, con bizzarra e capricciosa invenzione… immaginandosi il terrore che sarà in quell’estremo tremendo giorno” (Giorgio vasari).
“Signorelli sa esprimere orrori e delizie di tal sorta da spingere a sollevarsi in estasi” (Leonardo da Vinci).

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